GAV - Gruppo Astronomico Viareggio    

Sezione Comete


 

L'OSSERVAZIONE VISUALE DELLE COMETE

Quando ci si appresta ad osservare una cometa, sia essa spettacolare e brillante come la Hale-Bopp del 1997 o la Hyakutake nel 1996, sia essa debole e mal percepibile anche con uno strumento osservativo (binocolo o telescopio), la prima regola da osservare è quella di consentire agli occhi di abituarsi all’oscurità e se è vero che in 20 30 minuti si ha già un notevole adattamento della vista al buio solo dopo almeno un’ora e mezza si darà agli occhi la capacità di discernere anche i più tenui dettagli.

Altro, fondamentale parametro è determinato dalla qualità del cielo: trasparenza e luminosità diffusa tanto maggiore sarà la prima e minore la seconda, migliori saranno le condizioni; viceversa l’osservazione di un astro chiomato sarà difficoltosa e comunque non dettagliata sin nei minimi particolari. In generale possiamo dire che per trovare un cielo trasparente bisogna salire di quota: minor accumulo di polveri nell’atmosfera, minore umidità sono senza dubbio garanzia di condizioni migliori rispetto alla pianura; la luminosità diffusa è in pratica quella che oggi chiamiamo col termine più corretto di inquinamento luminoso determinato dall’irradiazione verso l’alto di luci artificiali: osservare in città o nei suoi pressi rende estremamente difficoltoso il rilevamento dei fini e deboli dettagli cometari e impossibile l’apprezzamento dell’intera lunghezza della coda. Quindi un cielo di montagna, lontano da luci artificiali costituisce il sito più idoneo per ammirare questi oggetti.

Naturalmente l’assenza di Luna durante l’osservazione è fondamentale. Questo non vuol dire dover rinunciare ad osservare comete quando una falce del nostro satellite sia sopra l’orizzonte basta essere però coscienti che non possiamo chiedere il massimo da quella sessione osservativa.

Vi sono poi dei piccoli trucchi per cogliere anche i dettagli più sfuggevoli delle comete. Uno è costituito dall’adoperare la così detta visione distolta o indiretta degli occhi. Infatti, i coni della retina, sensibili al colore e in grado di fornire un’elevata risoluzione visiva, si trovano sull’asse ottico dell’occhio. I recettori luminosi più sensibili non sono però i coni, bensì i bastoncelli (i quali non sono in grado di distinguere i colori) che si trovano più numerosi fuori dall’asse ottico dell’occhio. Pertanto se si punta lo sguardo in una direzione che faccia n angolo di 10 – 20 gradi con la direzione in cui si trova l’oggetto che ci interessa, la luce da esso proveniente va proprio a cadere sui bastoncelli e può così essere rivelata.

LA FOTOMETRIA VISUALE

La fotometria visuale di una cometa può riguardare tre diversi aspetti del fenomeno: il nucleo, la testa e la coda. La fotometria del nucleo è resa difficile dal fatto che il nucleo, di aspetto stellare, è raramente visibile e quando anche lo sia, esso appare quasi sempre confuso con una condensazione centrale. Per quanto riguarda invece la coda , è alquanto difficile fare un’accurata fotometria visuale sulla tenue coda di una cometa.

Un’interessante campo in cui applicarsi è invece quello della fotometria della chioma della cometa e la registrazione delle variazioni dei valori in funzione del tempo. Per la fotometria visuale sono assolutamente da non usare filtri di alcun genere anche se preposti proprio all’ottimizzazione della visione di questo tipo di oggetti: non si conosce la relazione intercorrente fra le magnitudini visuali stimate senza filtri e quelle stimate con i filtri e perciò i dati ottenuti non sarebbero relazionabili con quelli di altri osservatori.

Esistono vari metodi per compiere la stima della magnitudine complessiva della chioma di una cometa, essi sono:

  1. Metodo di Bobrovnikoff : l’osservatore seleziona diverse stelle di confronto nelle vicinanze della cometa, alcune più brillanti e alcune più deboli di questa. Usando un ingrandimento da 1,5 a 2 volte l’apertura del telescopio in centimetri, così da minimizzare le dimensioni apparenti della cometa, si opera poi nel seguente modo:
  1. si sfuoca il telescopio fino a che le stelle e la cometa hanno dimensioni apparenti simili;
  2. usando la stella più brillante e una stella più debole della cometa si determina la magnitudine della cometa per interpolazione;
  3. si ripete il punto (2) usando diverse coppie di stelle;
  4. si mediano i valori ottenuti nei punti (2) e (3) e si arrotonda al decimo di magnitudine.

 

  1. Metodo di Sidgwick: è detto anche metodo dentro-fuori. Si opera nel seguente modo:
  1. si memorizza la luminosità "media" della chioma (con l’immagine a fuoco). Per effettuare questa valutazione occorre una certa pratica;
  2. si sfuoca una stella di confronto sino a farle assumere dimensioni della chioma (quando questa è a fuoco);
  3. si paragona la luminosità superficiale della stella sfuocata con la luminosità media della chioma, memorizzata al punto (1);
  4. si ripetono i passi (2) e (3) finché si trova una stella che combacia con la cometa, oppure sino al punto in cui si può operare una ragionevole interpolazione della magnitudine della chioma.

 

  1. Metodo di Morris: con esso si cerca di far combaciare il diametro della cometa leggermente sfuocata con quello di una stella anch’essa sfuocata. La procedura prevede di:
  1. sfuocate la cometa sino a che la testa assume una luminosità superficiale approssimativamente uniforme;
  2. memorizzare l’immagine così ottenuta;
  3. far combaciare le dimensioni dell’immagine cometaria con quelle di stelle sfuocate. Le stelle siano più sfuocate della cometa;
  4. confrontando la luminosità superficiale delle stelle sfuocate con l’immagine memorizzata della cometa, si stima la magnitudine della cometa stessa;
  5. si ripetono i passi da (1) a (4) fino ad ottenere un’attendibile stima di magnitudine, arrotondata al decimo.

 

Quando la magnitudine apparente della cometa è compresa tra quelle delle due stelle di confronto, il metodo standard da usare è il seguente (interpolazione): si stima la differenza di magnitudine tra la cometa e la stella più brillante, in passi o gradini "larghi" un decimo della differenza totale tra le due stelle di confronto. Si moltiplica poi il numero di decimi per la differenza di magnitudine delle stelle e si somma il valore così trovato alla magnitudine della stella più brillante. Il valore della magnitudine viene arrotondato al decimo.

In generale è buona norma effettuare le stime di magnitudine con lo strumento più piccolo in grado di consentire l’osservazione della cometa: se ciò è possibile farlo ad esempio, con un binocolo, sarà questo lo strumento da preferire invece del telescopio; le stime risulteranno meno effetto da errori poiché col telescopio la tendenza è quella di sottostimare la magnitudine.

IL DIAMETRO DELLA CHIOMA

Per determinare il diametro della chioma possono essere adoperate varie tecniche. E’ importante sottolineare che se la chioma è ellittica occorre misurare la lunghezza di entrambi gli assi.

1° metodo: si basa sulla stima in termini di frazione della separazione tra due stelle. La separazione angolare di due stelle si calcola con la relazione

S= cos-1[ sen(d 1) sen(d 2) + cos(d 1) cos(d 2) cos(a 1-a 2)]

Ove d 1 e d 2 sono le declinazioni delle due stelle e a 1 e a 2 le loro ascensioni rette. La stima dovrebbe essere ripetuta diverse volte e i risultati mediati. E’ il metodo meno accurato.

2° metodo: disegnare la chioma su un atlante sufficientemente dettagliato e misurare le dimensioni ricorrendo alla scala (nota) dell’atlante stesso. Anche questo metodo è di scarsa precisione.

3° metodo: maggiormente accurato, prevede l’impiego di oculare con reticolo debolmente illuminato. Dapprima si orienti il reticolo con un asse in direzione est-ovest, cosicché le stelle si spostino esattamente parallele ad esso, quando l’eventuale motore di cui è dotato il telescopio sia spento. Poi si cronometri il tempo t necessario perché la chioma attraversi l’asse nord-sud del reticolo. E’ consigliabile prepararsi a cronometrare con la chioma fuori del campo di vista dell’oculare e con il motore del telescopio fermo.

Il diametro d (in minuti d’arco) della chioma della cometa viene calcolato con la relazione

d= (1/4) t cos(d )

ove d è la declinazione della cometa al momento dell’osservazione e t è espresso in secondi. Sono consigliate più misurazioni con le quali far poi una media. Il metodo, se si lavora con accuratezza dà buona precisione.

4° metodo: uso di micrometro bifilare o di reticolo con incisa una scala graduata. E’ di gran lunga il metodo più preciso.

IL GRADO DI CONDENSAZIONE DELLA CHIOMA

Il grado di condensazione della chioma fornisce una descrizione del suo profilo di intensità (cioè del cambiamento di luminosità lungo una linea che attraversa la chioma passando per la condensazione centrale). Varia da 0 (immagine diffusa, nessuna condensazione, profilo piatto e liscio) a 9 (immagine stellare, puntiforme). Talvolta le comete sviluppano una chioma caratterizzata da un bordo netto, simile ad un disco planetario. Gli osservatori esperti assegnano in genere in questi casi un grado di condensazione 9 in quanto la chioma non è per niente diffusa. Si deve inoltre far presente che una cometa di aspetto non diffuso non deve per forza possedere una condensazione centrale (la condensazione centrale è rappresentata da un disco distinto

nella chioma). Il valore del grado di condensazione è sempre espresso con un numero intero: i decimali non sono significativi.

TABELLA DEI GRADI DI CONDENSAZIONE

 

    0.   Chioma diffusa, la luminosità è uniforme e non vi è traccia di condensazione

  1. Chioma diffusa, possibilità di una lieve luminosità nella zona centrale.
  2. Una definita luminosità, specie se confrontata con le parti esterne, presente al centro della chioma.
  3. Chioma ben differenziata; facilmente percepibili due livelli differenti di luminosità.
  4. Condensazione definita, sebbene diffusa, nel centro della chioma; la condensazione occupa circa un quarto del diametro totale della chioma.
  5. Maggiormente condensata rispetto alla definizione precedente, appare come una macchia brillante nel centro della chioma.
  6. Condensazione molto evidente, chioma di luminosità uniforme eccetto che per il centro; falso nucleo tondeggiante.
  7. La condensazione appare come una stella indistinta non perfettamente a fuoco.
  8. Il falso nucleo appare come una stella osservata al telescopio in una notte con turbolenza atmosferica piuttosto forte; di aspetto stellare ma confuso.
  9. Di apparenza stellare.

A sinistra alcuni esempi di grado di condensazione tratti dal manuale IHW di Stephen J. Edberg.

 



A destra rappresentazione grafica di tre gradi di condensazione come se venisse misurata la "densità" della chioma seguendo una retta che la taglia passando per il centro (grafici realizzati da Flavio Castellani e tratti da "Comet News" della Sez. Comete dell’U.A.I.).

 

 

 

 

 

 

L’OSSERVAZIONE DELLA CODA

Sebbene solo le tecniche di ripresa fotografica consentano di rilevare anche le propaggini più deboli della coda e sottili particolari, merita senza dubbio di cimentarsi anche con la sua osservazione visuale. In particolare è importante cercare di ricavare con la maggior cura possibile la lunghezza e il suo angolo di posizione.

Per la lunghezza della coda si può far ricorso alla comparazione con la distanza angolare che separa coppie di stelle e, qualora questa sia superiore a circa 10° si può ricorrere alla formula già vista per il diametro della chioma dove a 1 e d 1 si riferiscono alla posizione della testa della cometa e a 2 e d 2 all’estremità della coda.

Per quanto riguarda l’angolo di posizione, il miglior metodo è quello di riportare con accuratezza su un atlante stellare la posizione della testa e della coda e di misurare l’angolo di posizione con un goniometro. L’angolo di posizione è calcolato a partire dalla direzione del Nord andando verso Est.

di Michele Martellini

Ultimo aggiornamento 22/1//2002
 

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